Le degustazioni
10th Mag 2012Posted in: Le degustazioni Commenti disabilitati su Lungarotti fa 50
Lungarotti fa 50

Mezzo secolo di vita è sempre un bel traguardo da festeggiare, ripercorrendo con soddisfazione le tappe percorse e al tempo stesso guardando avanti, con rinnovata fiducia, alle sfide future. Lungarotti, l’azienda che per prima ha fatto grande l’Umbria del vino, non poteva celebrare il cinquantenario se non con il lancio di un nuovo prodotto, un’edizione speciale dal nome evocativo: 50. Cinquanta sono gli anni di Rubesco, il vino che più di ogni altro si identifica con l’azienda di Torgiano; cinquanta sono anche gli anni trascorsi dalla felice intuizione di Giorgio Lungarotti, pioniere  abilissimo nel trasformare e potenziare l’azienda della sua famiglia per farla conoscere ai mercati di tutto il mondo nonché “colui che ha disegnato l’Umbria nella mappa enologica mondiale”, come scriveva Hugh Johnson già negli anni ‘70.

50, senza dubbio uno dei più felici debutti dell’ultima edizione di Vinitaly,  è una Igt Umbria 2010 che, come si legge sulla bottiglia, “porta in sé la storia del futuro”. Sangiovese in purezza, frutto di lunghe sperimentazioni e selezioni aziendali sulla varietà che sempre di più caratterizzerà in avvenire anche il Rubesco, già oggi “Sangiovese based”, è stato fatto fermentare in acciaio con macerazione sulle bucce per 25 giorni e affinato per  un anno in barrique. Lo contraddistinguono un colore rosso violaceo di grande intensità, variegati e complessi profumi fruttati con note speziate nel finale e una personalità possente ed elegante insieme, contrassegnata da tannini austeri e da un finale lungo e persistente. La preziosità del contenuto viene esaltata dalla scelta della Magnum a tiratura limitata (1.962 esemplari)  rivestita di una raffinata etichetta che riporta uno per uno gli anni dal 1962 al 2012.

A Giorgio Lungarotti,  la cui eredità è stata raccolta dalle figlie Chiara Lungarotti e Teresa Severini,  va anche un altro merito, quello di aver contribuito in maniera determinante alla costruzione su scala regionale di un sistema produttivo e turistico di eccezionale qualità e forte richiamo. Intorno alla cantina di Torgiano  ruota infatti un mondo fatto di ospitalità, cultura ed arte, rappresentato da Le Tre Vaselle, resort di charme, Poggio alle Vigne, accogliente agriturismo, e due musei, il Museo del Vino e quello dell’Olivo e dell’Olio. Il primo di questi, ricavato nel monumentale palazzo Graziani-Baglioni del XVII secolo e articolato in venti ambienti espositivi, guida il visitatore attraverso i 5.000 anni che hanno segnato la storia della civiltà del vino: dagli attrezzi da lavoro utilizzati nei campi o in cantina ai contenitori vinari in ceramica – che vanno dal vasellame d’uso quotidiano fino ai boccali da parata e ai piatti istoriati rinascimentali (nella foto un piatto in maiolica a lustro del XVI secolo, opera di Mastro Giorgio Andreoli, raffigurante l’infanzia di Bacco) –, ai capolavori d’arte grafica e alle sculture contemporanee che illustrano l’affascinante mito di Dionysos.

A Le Tre Vaselle l’ospitalità corre sul filo rosso del Sangiovese. Non potrebbe esserci migliore descrizione per il raffinato resort di campagna che, felicemente ubicato (a 10 chilometri da Perugia e 15 da Assisi), mette a disposizione degli ospiti oltre cinquanta camere, un centro convegni, un centro benessere che ha nella vinoterapia la sua punta di diamante ed un ristorante gourmand dal nome propiziatorio, Le Melograne. Qui Mirco Nocchetti, navigato chef dalla spiccata fantasia creativa, propone, insieme alla sua brigata,  un ricco menu che vede protagoniste le materie prime del luogo e le ricette (rivisitate e ingentilite) della tradizione umbra. È lui stesso a suggerire tre pietanze, tratte dalla Carta di primavera da poco presentata,  in grado di esaltare ancor più l’innata piacevolezza del 50: faraona in salmì con agretti all’acciuga, filetto di manzo di razza chianina con condimento balsamico Lungarotti e verdure grigliate, costolette di agnello al pane aromatico con  fagiolini e pomodorini farciti.

 Barbara Mengozzi

(© pubblicato su “Mondo Agricolo”, 3, 2012)

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