Sergio Mottura

Civitella d’Agliano (VT) – L’autoctono coniugato con il biologico per far fronte al dilagare dei vini del Nuovo Mondo, tendenzialmente onesti nel prezzo e corretti nella fattura ma spesso omologati nel gusto e carenti di tradizioni. La filosofia aziendale adottata da Sergio Mottura, vitivinicoltore in quel di Civitella d’Agliano (Vt), al confine tra Lazio ed Umbria, più che una strategia di marketing è una scelta di vita. Torinese di origine, nella sua adolescenza una radicata esperienza “rurale” fatta nella cascina della villa di famiglia, prossima al Roero, dove i suoi si erano trasferiti in tempo di guerra, ed una acculturata passione per i vini, a cominciare da quelli piemontesi, praticamente a portata di mano, per arrivare ai francesi, conosciuti ed apprezzati nelle frequenti escursioni presso i cugini d’Oltralpe. Poi, gli studi di ingegneria presso il Politecnico di Torino, interrotti senza alcun rimpianto per andare ad occuparsi della tenuta di Civitella d’Agliano, 400 ettari di terreni ricevuti in eredità e da gestire insieme ai due fratelli. «Quella di poter tornare in campagna era una straordinaria opportunità che mi veniva offerta e non me la sono fatta scappare. E’ accaduto agli inizi degli anni Sessanta, avevo vent’anni, ho traslocato immediatamente e non mi sono più mosso da qui», racconta l’intervistato.

Sergio Mottura

Da allora alcune tappe fondamentali: il non facile passaggio dalla mezzadria (in azienda ce n’erano 21) alla conduzione diretta in una zona teatro di accentuati conflitti politici e sociali; l’impianto, negli appezzamenti più vocati, dei primi vigneti specializzati, in sostituzione di quelli in cui le viti erano “maritate” a piante d’alto fusto che le sostenevano, secondo il sistema ereditato dagli Etruschi; la vendita delle uve con ottimi esiti commerciali a dei grossi commercianti liguri; il passaggio alla vinificazione e il collocamento del prodotto presso Antinori; la crisi legata allo scandalo del vino al metanolo; la decisione di imbottigliare e l’approdo sui mercati esteri, a cominciare da Regno Unito e Germania.

«Il grosso salto di qualità risale ai primi anni Novanta quando, dopo la spartizione dell’azienda tra me e i miei fratelli, ho iniziato ad occuparmi esclusivamente dei vigneti, che oggi si estendono su una quarantina di ettari, e della cantina». Il resto è storia recente: la messa a punto di una gamma di prodotti provvisti di classe e personalità, la progressiva conquista di un mercato nazionale ed internazionale, sempre più sensibile al richiamo del biologico, il plauso della critica enoica culminato nella conquista dei Tre Bicchieri della guida del Gambero Rosso, di cui Mottura è cliente affezionato dal 2004 con il suo Latour a Civitella (si tratta, peraltro, dell’unico bianco del Lazio insignito del prestigioso riconoscimento). Il tutto all’insegna di un grande amore, quello per il Grechetto, un vitigno ricco di carattere che ha bisogno però della giusta interpretazione perché le sue qualità vengano esaltate. «Tra i suoi principali requisiti c’è la maturazione precoce che in queste zone si colloca intorno alla metà di settembre, quando il tempo è ancora bello – fa presente Mottura –. Ricordo che all’epoca della mezzadria, dopo la vendemmia, le uve venivano consegnate tutte alla proprietà, non essendo sufficienti per riempire un tino. In cantina era abitudine riservare al Grechetto un “cisternino” di cemento e non veniva mescolato con le altre varietà. Il mosto era particolarmente limpido sia perché l’acino è facile da spremere, sia perché era il primo ad essere introdotto in cantina e non c’erano ancora lieviti in giro ad innescare precocemente la fermentazione, dunque si poteva svinare un po’ più tardi».

Ma le doti di questa versatile varietà autoctona dell’Italia centrale non si esauriscono qui. «A differenza di quanto avviene con le Malvasie e con lo Chardonnay, il grappolo spargolo la rende resistente alle malattie della vite, in particolare all’oidio che sul nostro territorio è la patologia con le maggiori ripercussioni sulle potenzialità produttive delle piante, mentre la peronospora di solito riusciamo a controllarla senza troppe difficoltà facendo ricorso al solfato di rame». C’è però un rovescio della medaglia, che va individuato nella forte vena tannica, simile a quella dei vini rossi. «Per questo motivo è stata necessaria una lunga sperimentazione durante la quale si sono avvicendati ben quattro enologi. Alla fine però, grazie ad un attento lavoro eseguito nei vigneti, caratterizzati da densità di 5.000 ceppi per ettaro e basse rese per ettaro, dove un’estrema attenzione è riservata alla scelta del momento della vendemmia, e in cantina, attraverso una pressatura immediata e tecniche ormai collaudate di vinificazione, siamo riusciti a valorizzare l’elevata presenza di tannini ottenendo dei vini da lungo invecchiamento». Alla base dei brillanti risultati ottenuti un accuratissimo lavoro di selezione clonale, effettuato ricorrendo a vivai specializzati ma anche prelevando le gemme dalle migliori viti del comprensorio ed effettuando operazioni di innesto. Insostituibile, poi, il ruolo del “terroir”, ricco di risorse naturali, che conferisce ai vini una marcata tipicità.

Attualmente Sergio Mottura produce 5 bianchi. Al top della gamma troviamo il Poggio della Costa, Grechetto in purezza che matura in serbatoi di acciaio inox, il già citato Latour a Civitella, anch’esso Grechetto al 100% vinificato parte in acciaio e parte in piccoli fusti di Allier dove riposa per nove mesi, ed il Muffo, prodotto in stile Sauternes da uve Grechetto attaccate da muffa nobile, vinificate tra Natale e fine anno, con fermentazione in contenitori di acciaio inox a temperatura controllata e maturazione in carati di rovere per circa dodici mesi. Ma anche nell’ambito dell’Orvieto – la proposta di base, in versione secca ed amabile, ed il Vigna Tragugnano (Procanico 40%, Grechetto 30% e Verdello 30%) – il Grechetto svolge un ruolo fondamentale, contribuendo all’ottenimento di un prodotto accattivante, di buon corpo e buona morbidezza che però non può fregiarsi della dizione Classico, a dispetto della particolare vocazione vinicola di Civitella d’Agliano, menzionata negli archivi dell’Opera del Duomo di Orvieto fra le zone più elette per la produzione del vino che prende nome dall’antica città umbra.

L’azienda Mottura realizza all’incirca il 60% del proprio fatturato complessivo sui mercati esteri dove il Grechetto desta molta curiosità ed interesse. Accanto al fascino dell’autoctono anche l’adesione al biologico, veicolata dall’istrice che campeggia in tutte le etichette dei vini, simboleggiando il pieno rispetto dell’equilibrio ecologico, si sta rivelando un ottimo traino. «Negli Usa i primi apprezzamenti per la certificazione biologica sono arrivati dalla California, seguita a ruota dagli altri stati, mentre, per quel che riguarda il Canada, lo scorso anno siamo riusciti ad aggiudicarci un’asta della Société des alcools du Québec con il nostro Grechetto in purezza che figurava tra i vini biologici. Anche nel Vecchio Continente la sensibilità per i prodotti ottenuti da agricoltura biologica sta crescendo e, approfittando del fatto che le aste dei vini biologici sono meno affollate delle altre, qualche buon risultato lo abbiamo ottenuto: in Norvegia, ad esempio, abbiamo vinto un’asta di Vinmonopolet, il Monopolio di Stato. L’importante, a mio avviso, è far degustare il vino, verificare che piaccia e poi spiegare che si tratta di un prodotto biologico. Scegliere un vino biologico, tra l’altro, significa avere la garanzia che le uve sono state prodotte in azienda, senza ricorrere ad acquisti all’esterno, e di questo il consumatore dovrebbe essere informato».

Rivoltosi al biologico per convinzione e non per opportunità o per guadagno, Mottura si è trovato comunque a percorrere una strada nel complesso meno tortuosa di quanto si possa immaginare. «Il Grechetto, con le sue caratteristiche di resistenza alle malattie, ci dà indubbiamente una grossa mano ma devo dire che l’impossibilità di ricorrere alla chimica non è così problematica. La ridotta concimazione del terreno riduce all’essenziale la produzione di tralci e foglie, aumentando aerazione ed illuminazione del grappolo e limitando l’insorgenza di malattie fungine. A sua volta la bassa produzione di uva favorisce una maturazione anticipata ed uniforme, con minor pericolo di muffe. Certo, rispetto al convenzionale bisogna essere molto più professionali, saper conoscere perfettamente il terreno e le singole varietà, per effettuare una lotta essenzialmente di prevenzione anziché una lotta curativa».

Attualmente le bottiglie prodotte ogni anno non arrivano a 200mila – i cinque bianchi sono affiancati dal Magone, Pinot Nero al 100%, dal Nenfro e dal Civitella Rosso, entrambi uvaggi di Merlot e Montepulciano, dal Civitella Rosato, una “new entry” da uve Montepulciano per la quale Mottura si è avvalso dei preziosi suggerimenti di Oliviero Ott, grandissimo produttore di rosati in Provenza, e da uno spumante Brut da uve Chardonnay – e, malgrado i progetti di crescita che dovrebbero consentire di raggiungere il target dei 300mila pezzi, le dimensioni dell’azienda sono destinate a rimanere contenute. «La mia sfida, non avendo altri introiti al di fuori del vino e dell’agriturismo, è quella di riuscire a trovare delle nicchie di mercato disposte a pagare i miei vini ad un prezzo un po’ più alto del normale per i maggiori costi di produzione, dovuti all’adesione al biologico, e per le cure particolari di cui sono oggetto, che solo un piccolo produttore può garantire. Fino ad oggi ci sono riuscito e mi auguro che anche in futuro quello che all’apparenza rappresenta un mio limite possa costituire il mio punto di forza».

I consigli di Latour

A suggerire a Mottura l’uso del legno per esaltare il suo Grechetto è stato un personaggio d’eccezione, Louis-Fabrice Latour, autorevole commerciante di vini a Beaune, in Borgogna, nonché appartenente ad una delle più rinomate Maison produttrici di botti, conosciuto in Germania attraverso il comune importatore. E’ stato lui a regalare al viticoltore laziale il primo set di cinque “fûts”, per usare la denominazione francese, unitamente ad un invidiabile bagaglio di esperienza sull’uso del legno per la maturazione dei vini. «Un grande vino da legno deve necessariamente avere una struttura di base robusta, in modo da poter trarre vantaggio dalla fermentazione in legno senza esserne sovrastato. Grazie ai consigli fornitimi da Latour il mio approccio all’impiego del legno si rifà ai dettami della scuola della Borgogna piuttosto che alla tradizione californiana che assegna al legno un gusto predominante – sostiene Mottura – . Resta comunque il fatto che dal Grechetto, esattamente come avviene in Francia per lo Chardonnay, si possono ottenere vini capaci di esprimersi ad alti livelli anche senza ricorrere all’uso del legno. E’ il caso del mio Poggio della Costa, indubbiamente più semplice ma non per questo meno interessante ed incisivo del Latour a Civitella: due vini che non si pongono in competizione tra loro ma che si completano a vicenda, ciascuno con i giusti abbinamenti.

La Tana dell’Istrice

Nel 1996 Sergio Mottura ha trasformato la residenza di famiglia ubicata nel cuore di Civitella d’Agliano e risalente al Medioevo in un agriturismo di 12 stanze, con annesso ristorante, denominato la Tana dell’Istrice. Gli ospiti possono assistere ai cicli produttivi dell’azienda agricola ma soprattutto gustarne i prodotti, prima fra tutti l’ampia selezione dei suoi vini, proposti in abbinamento con i piatti più rinomati della gastronomia locale.

Sotto l’agriturismo si snodano le suggestive cantine scavate nel tufo, che raggiungono una profondità di circa venti metri: un ambiente ideale per la conservazione dello spumante metodo classico. «Le sinergie tra la produzione di vino e l’agriturismo sono altissime. Prima dell’11 settembre il 15% della nostra produzione di vino veniva venduto nella Tana dell’Istrice. Adesso questa percentuale è calata però la vendita diretta continua a garantirci un introito non indifferente, intorno ai 10 mila euro al mese».

(© pubblicato su “VigneVini” 9/2008)

Tenuta Mottura
Loc. Poggio della Costa, 1
01020 Civitella d’Agliano (VT)
www.motturasergio.it