Il progetto

Vino e musica, gusto e udito, due mondi sensoriali che si incontrano per una reciproca esaltazione. Perché “Il suono del vino”? La risposta, o meglio, una risposta ce la offre l’illuminante metafora contenuta nella retroetichetta del Nero d’Avola Harmonium di Firriato: «Il filosofo Schopenhauer scrisse: l’Architettura è Musica solida. Noi oggi, per altro verso, riteniamo che il Vino sia Musica Liquida». Il vino ha un suono perché anch’esso è musica, e in quanto tale è in grado di esprimere stati d’animo, emozioni, affetti, atmosfere. Ecco perché quando vino e musica si accoppiano è come se si mettesse in moto un moltiplicatore di sensazioni.

A conferma di questo processo percettivo e dei sottili meccanismi di interazione tra vino-musica ci sono anche degli studi scientifici. In particolare, secondo un’indagine condotta dal professor Adrian North della Heriot-Watt University di Edinburgo, l’ascolto di determinati brani musicali in fase di degustazione è in grado di esaltare il gusto del vino che stiamo bevendo. La ricerca, pubblicata dal British Journal of Psychology, ha coinvolto 250 studenti che sono stati invitati a sorseggiare due tipi di vino, un rosso ( l’Alpha 2005 Cabernet Sauvignon,) ed un bianco (uno Chardonnay cileno), con un brano musicale in sottofondo riproposto in “loop” per 15 minuti. Questi i quattro brani selezionati: i Carmina Burana di Carlo Orff, identificati dai ricercatori come “potenti e pesanti”, il “sottile e raffinato” Valzer dei fiori dallo Schiaccianoci di Tchaikovsky, la “energica e rinfrescante” Just can’t get enough dei Depeche Mode, la “pastosa e soft” Slow Breakdown di Michael Brook. Mentre i partecipanti sorseggiavano il vino è stato chiesto loro di descrivere le sensazioni ricevute. Risultato: la musica ascoltata dai volontari ha influito in maniera importante sulla percezione avuta al momento dell’assaggio del vino. Ad esempio, sia il bianco sia il rosso sono stati definiti potenti e pesanti in misura maggiore da chi li ha degustati ascoltando i Carmina Burana. In altre parole, la musica stimola specifiche zone del cervello per cui quando assaggiamo del vino, e contemporaneamente stiamo ascoltando dei brani musicali, queste aree del cervello sono già attive e quindi influenzano il gusto che percepiamo dal vino.

A ogni vino il “suo” brano

Da qui all’elaborazione di una carta musicale dei vini il passo è breve. Riprendendo gli abbinamenti proposti da alcune riviste britanniche si possono consigliare per il Cabernet Sauvignon brani come la potente Honky Tonk Women dei Rolling Stones, All Along the Watchtower nell’allucinata versione hendrixiana e l’incalzante Won’t Get Fooled Again degli Who. L’ascolto di Sitting on the Dock of the Bay di Otis Redding, Easy di Lionel Ritchie e Heartbeats di Josè Gonzales enfatizza il gusto morbido e rotondo, un po’ “piacione” del Merlot , mentre il Syrah, di grande spessore gustativo, dà il meglio di sé con Nessuno dorma di Puccini, interpretato da Pavarotti, e Chariots of Fire di Vangelis, imponente e solenne colonna sonora, in sottofondo. Lo Chardonnay, a sua volta, vino eclettico e versatile, si lega bene a brani pop-rockcon evidenti influenze disco quali Atomic di Blondie, Rock DJ di Robbie William, What’s Love Got To With It di Tina Turner e Spinning Around di Kylie Minogue. E, per finire, volendo esaltare le sensazioni trasmesseci da un corposo e piacevolmente caldo Pinot Grigio, non c’è niente di meglio dell’energia trasgressiva di un pezzo di Lady Gaga.