Baccano – Gianna Nannini

Altre tre “perle” si sono aggiunte alla copiosa produzione di Gianna Nannini. Questa volta però non si tratta di canzoni, come potrebbe suggerire il titolo di un suo album, “Perle”  che racchiude dodici brani tratti dal repertorio della grintosa artista senese, completamente riarrangiati per azzerare i suoni elettrici e dare spazio ad un rock crudo in cui la voce è assoluta protagonista. I gioielli dei quali intendiamo occuparci in questa sede sono tre vini, la cui uscita ufficiale suggella un connubio ripetutamente annunciato negli anni scorsi. Benché sponsorizzata ultimamente da un’acqua minerale, la Nannini non ha mai nascosto la sua passione per il buon vino e al tempo stesso per l’arte e la cultura che tradizionalmente caratterizzano i territori vocati all’enologia di pregio. «Il profumo del vino è l’odore della terra in cui nasco e rinasco ogni volta che ci torno. Il sapore del vino mi accompagna e non mi lascia, fa parte della vita come il respiro mi fa cantare l’anima, mi fa sentire vicino alla gente, mi fa amare più forte. Il vino è nella radice del mio corpo in movimento, è la sorgente delle note che si aggrappano alla melodia, è l’ebbrezza che ti fa sentire di dove sei in mezzo ai campi di ogni paese. E’ vino quello che è vivo». Così recita la melodia “Profumo di Brunello”, un omaggio reso dalla capostitpite del rock italiano al femminile al “nettare di Bacco” in occasione dell’incontro internazionale “Mitos” di qualche anno fa. Oggi l’irrequieta cantautrice dall’anima ecologista ed animalista, che ancora non possiede vigneti propri ma compra le uve dalla madre pagandole, a suo dire, fior di quattrini, si presenta sul mercato con una propria trilogia di vini. Si tratta, per l’esattezza, di tre Igt: il Chiostro di Venere, il Baccano (che riprende in parte il titolo di una sua fragorosa hit dei primi anni Novanta, Radio baccano, “rappata” da Jovanotti), e il Rosso di clausura. La base è sempre la stessa, il Sangiovese dei colli senesi . «Quello che cambia – precisa la Nannini – è il taglio, che è un po’ come il timbro della voce: diverso da individuo a individuo. E’ qui che trovo una grande similitudine con la musica. E poi, proprio come la musica, anche il vino serve a socializzare».

Nel Chiostro di Venere è il Cabernet, vitigno grande e difficile, incostante nelle diverse annate, ad affiancare il Sangiovese dando origine ad un bel rosso di corpo e dai profumi intensi di frutta a bacca rossa, in cui si amalgamano i sentori di legno, e dalla vena spiccatamente aromatica. Un vino forte e deciso che mostra i muscoli ma anche il cuore. Proprio come il rock melodrammatico e cosmopolita della Gianna, rediviva Janis Joplin, che così bene ha saputo fondere energia ed intimismo, rabbia e dolcezza, trasgressione e poesia. Sangiovese (75%), Syrah e Merlot (per il restante 25%) formano l’uvaggio del Baccano, il capostitipite del terzetto. Sempre mescolando la terminologia del sommelier con quella del critico musicale, lo potremmo definire un prodotto godibile, accattivante, con i tannini ben disposti e con un’anima nervosa e vibrante che lo supporta. Multietnico nei sapori, dove prevalgono però fragranze mediterranee, è pervaso a suo modo da quell’italica melodia, a metà strada tra romanza e folk-ballad, pilastro, nonostante tutto, di tanti successi della contradaiola senese che più il tempo passa più si mostra attaccata alle sue origini. E, per concludere, c’è il Rosso di clausura, da uve Sangiovese e Merlot, un vino morbido ed energico, bello e compiuto, fresco e maturo al tempo stesso, in cui si ravvisano una dimensione di piena gradevolezza ed una straordinaria sensualità interna. Intenso e persistente, si ferma ad avvolgere i recettori gustativi della bocca e del palato, così come si fissano nella mente gli orecchiabili incisi di tanti brani firmati G.N. Se con “Perle”, brillante riproposizione in chiave acustica e minimalista di brani di per sé vincenti, talvolta addirittura in grado di superare la versione originale, la Nannini ci ha regalato uno dei frutti più preziosi della sua carriera lunga ormai un quarto di secolo, questi tre vini non sono da meno e nel futuro, vista l’ottima qualità della materia prima, potranno solo migliorare, caratteristica anche questa che accomuna il buon vino alla buona musica.

(© pubblicato su  “Mondo Agricolo”)

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